In Italia i manager che hanno più di 50 anni sono il 61%, in crescita rispetto al 53,3% di cinque anni fa, mentre gli under 50 sono diminuiti del 7,7 per cento. Questi i dati dell’indagine di Unioncamere, che mostra come i settori in cui si è registrato l’aumento più consistente degli amministratori tra i 50 e i 69 anni sono quelli dell’alloggio e della ristorazione e dei servizi alle imprese. L’invecchiamento in Italia è quasi strutturale, sia dal punto di vista demografico che nell’occupazione, e sta arrivando anche alla classe dirigente. Sempre secondo Unioncamere, negli ultimi 5 anni c’è stato un incremento superiore al 40% dei manager ultrasettantenni, mentre aumentano i manager under 30 solo nell’agricoltura e nei servizi di informazione e comunicazione. Il settore bancario è tra i più “anziani” come rilevava uno studio di alcuni anni fa del sindacato di settore Uilca, che sottolineava che l’età media arrivasse a 70 anni per i presidenti e a 60 per gli amministratori delegati. Federmanager, sottolineava tempo fa come la crisi sia stata pagata in Italia soprattutto dai manager più giovani, non solo per l’aumento dell’età pensionabile ma soprattutto perché «la migliore conoscenza delle dinamiche interne delle aziende» e «la migliore capacità di adattamento alle diverse situazioni» hanno avvantaggiato i dirigenti più anziani, nonostante i loro stipendi siano più costosi per le aziende. Inoltre ormai non serve più una figura di manager con competenze specifiche, ma persone che possano portare un capitale di relazioni con le altre élite, cosa che nel tempo le rende non sostituibili. Il problema maggiore però non è l’invecchiamento ma il mancato ricambio generazionale.