Oggi si vive molto più a lungo di qualche decennio fa; dal dopoguerra si sono “guadagnati” 20 anni di aspettativa di vita alla nascita. La recente affermazione della Sigg ( Società Italiana di Gerontologia e Geriatria)per cui si sposterebbe a 75 anni l’età di ingresso nella vecchiaia sembra la presa d’atto di un fenomeno che consegue lo spostamento in avanti della durata della vita. I 65enni di oggi attestano una condizione umana ed esistenziale analoga a quella dei 50enni di 30 anni fa. La vecchiaia di fatto “entrerebbe in azione” a 10 anni dalla morte per un uomo di 75 anni e a quasi 15 per una donna. Bisognerebbe trarne delle conseguenze per la vita sociale. In primo luogo rivedendo le fasce di esenzione e i benefici oggi concessi agli over 65 per renderli sostenibili economicamente e destinare i relativi risparmi agli ammalati cronici e ai bisogni di cura e assistenza degli over 75. In secondo luogo, sul fronte pensionistico dove ad una più lunga esistenza dovrebbe corrispondere una maggiore permanenza delle persone nel mercato del lavoro. La tesi dello spostamento in avanti dell’età della vecchiaia vede all’orizzonte alcuni segnali preoccupanti come la chiara diminuzione della speranza di vita, avvenuta in America ma anche in Italia. Il quadro è in evoluzione e urge pensare a creare le condizioni perché il grande progresso degli ultimi decenni ( migliore alimentazione, più comode abitazioni, lavori meno stressanti e pericolosi, maggiori interessi vitali, migliore educazione sanitaria, ecc.) possa continuare.
(Sintesi redatta da: Carrino Antonella)