È stato infine esteso l’obbligo della vaccinazione contro il Covid – già previsto per gli operatori sanitari – a tutti i soggetti che operano nelle strutture socio-assistenziali e socio-sanitarie (come, ad esempio, le RSA e le strutture per gli anziani). Tuttavia – nonostante la nuova regola sia entrata in vigore già dal 10 ottobre con il dl 122 – al momento permangano ancora il caos e l’incertezza su controlli da effettuare e su eventuali provvedimenti da prendere. In mancanza di ulteriori misure operative, i datori di lavoro non sanno che cosa fare. Restano ancora da stabilire, infatti, le modalità di verifica dell’adempimento dell’obbligo vaccinale.
Inoltre, in base alle normative attuali, se un operatore risultasse non vaccinato, il datore di lavoro (cooperativa sociale, clinica, Rsa…) dovrebbe limitarsi a segnalare il caso alla Asl di competenza. L’attesa del responso dell’Azienda sanitaria locale, a quel punto, rischia di durare settimane. Molte realtà del non profit si interrogano sul comportamento da tenere nei confronti del dipendente non vaccinato.
L’obbligo di Green pass per i dipendenti pubblici e privati rischia così di rendere il quadro normativo ancora più ingarbugliato per le realtà di questi settori. Si sa, del resto, che la certificazione verde si può ottenere anche attraverso un tampone negativo nelle ultime 48 ore o una guarigione dal Covid nei sei mesi precedenti, per cui è ben diversa dall’obbligo di vaccinazione. In pratica, alla luce di questa incertezza normativa, un operatore non vaccinato ma munito di Green pass potrebbe comunque assistere anziani e soggetti fragili.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)