Il passare del tempo sembra più veloce in età avanzata, anche se in generale è una sensazione che non disturba l’esistenza, ma può influenzare il rapporto psicologico col proprio passato e portare alla malinconia. Sull’argomento sono state svolte diverse ricerche.
Come ad esempio William James che nei Principles of Psychology, faceva notare che l’uomo è capace di percepire l’ora e la durata di un intervallo nel presente, mentre rispetto al passato appunto con il crescere dell’età diviene più breve. Un anziano che ripensi ai suoi ultimi 10/5 anni di vita, ha la sensazione di averli passati, cita James «in un’ora». Ciò conferma come il tempo soggettivo è un costrutto dei meccanismi nervosi della mente e del sistema limbico dell’emotività. Infatti le neuroscienze cognitive lo considerano un evento reale di meccanismi nervosi distinto dal senso dello spazio. James cita lo psicologo Paul Janet, che pensò di aver trovato la legge della massiccia compressione della durata trascorsa, une illusion d’optique interne, secondo cui la lunghezza sentita di un intervallo trascorso sarebbe inversamente proporzionale all’età. Quindi un bambino di dieci anni avrebbe la sensazione di un anno trascorso come un decimo della vita, mentre un uomo di 50 anni come un cinquantesimo. Della sensazione di velocizzazione del tempo che passa più velocemente da anziani ci sono testimonianze letterarie e poetiche sin dall’antichità che si trovano in ogni parte dl mondo, cosa che dimostra la sua dipendenza da eventi cerebrali propri della specie. Gli psicologi S. Droit-Volet e J.H. Wearden, raccontano di una signora di 87 anni che diceva “i mesi volano mentre i giorni son fermi”. Secondo molti autori una delle cause che accorciano il senso del tempo trascorso deriverebbe dalla rarità di nuove esperienze nell’età avanzata: circostanza che però non vale per tutti, mentre l’accelerazione del tempo trascorso è universale.