I dati sono incontestabili e per niente rassicuranti: crescono le disuguaglianze tra la popolazione over 65 e quella più giovane, “una generazione perdente”, che guadagna meno di 20 anni fa e ha più difficoltà ad accedere all’abitazione rispetto ai genitori (solo il 36% di chi ha meno di 35 anni possiede la propria casa, contro il 70% di 20 anni fa). Avere una casa e un lavoro stabile è molto meno probabile oggi rispetto a un paio di generazioni fa. Insomma, sembra indiscutibile che negli anni Ottanta i nostri genitori all’età di 40 anni potessero possedere un appartamento mentre i nostri figli – i loro nipoti – il massimo a cui possono aspirare in questo 21° secolo è possedere un abbonamento a uno qualsiasi dei servizi di streaming.
Quello attuale è un sistema capitalista, che ha venduto una società di “welfare”, sfuggito di mano comprimendo i salari, speculando sul valore delle case e difendendo e promuovere l’individualismo.La soluzione non è vantarsi di una società più cosmopolita, più libera e più sana di quella dei nostri anziani, né che i nostri figli – generazione Z, Y o altro – possano fare un Erasmus, viaggiare per l’Europa con l’Interrail, avere un bonus culturale quando si compiono 18 anni, vantandosi dei risultati raggiunti, ignorando che per godersi un Erasmus o andare in Interrail bisogna avere anche soldi.
Si tratta di una realtà molto più grigia: dover chiedere aiuto ai propri genitori per sbarcare il lunario, restare a vivere nella casa di famiglia fino ai 40 anni, non potersi sposare né avere figli, finire la laurea, ma non potersi lavorare con quanto si è studiato. È chiaro che la disuguaglianza socioeconomica non è una battaglia generazionale, non importa quanto si voglia spacciarla in questo modo, ma piuttosto una questione di classe: poveri e ricchi. Che la “frattura” generazionale venga usata come cortina di fumo per nascondere le vere cause delle disuguaglianze e che si dimentichi che la classe media non esiste più, perché è diventata la classe medio-bassa.
Né si tratta di vivere di nostalgia per la vita delle generazioni precedenti. Si tratta di esigere una società in cui è possibile ottenere gli stessi risultati, se non di più, rispetto a quelle. Con migliori servizi pubblici, una migliore redistribuzione della ricchezza e che la famiglia – qualunque famiglia – sia vista ancora una volta come il centro della società. Bisogna, in sintesi, che lo Stato aiuti i cittadini a raggiungere le condizioni minime per facilitare lo sviluppo di un progetto vitale indipendente e libero. In realtà, se ci fermiamo a pensare, siamo passati dal fatto che storicamente i poveri erano i pensionati al fatto che l'economia familiare in molti casi viene risolta dal nonno con la sua pensione di 800 euro.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)