Elementi comuni delle definizioni di caregiver sono la funzione assistenziale e di supporto di chi accudisce, le caratteristiche del beneficiario del servizio, la lunga durata dell’impegno, la gratuità. In Italia al 2018 se ne contano 8,5 milioni di cui circa 7,3 milioni assiste i familiari. La valutazione del disagio legato all’attività di accudimento a casa dei malati anziani cronici non autosufficienti è condotta con ricerche di tipo quantitativo, qualitativo e misto.
Da tutte si evince che le preoccupazioni più frequenti di chi accudisce sono: sentirsi gli unici a doversi prendere cura del malato, non avere abbastanza tempo per sé, non riuscire ad adempiere ad altre incombenze quotidiane e la percezione di un aumento delle preoccupazioni in merito alla sostenibilità finanziaria.
In sostanza volendo definire la “malattia” dell’accuditore, possiamo parlare di costante vigilanza, fatica, irritabilità, esaurimento emotivo, insonnia, compromissione della vita sociale, familiare e lavorativa, rapporto compromesso con l’assistito. L’accudimento diventa così un’attività a tempo pieno da cui è difficile prendere le distanze a livello fisico e emotivo. Le istituzioni scaricano sui parenti il compito di fornire le prestazioni di tutela della salute. Ma la prospettiva è errata: il malato ha diritto esigibile e soggettivo ad essere curato dallo Stato.
Non si nega con ciò la necessità della presenza i specifici requisiti per attivare l’assistenza domiciliare, tra cui la volontaria disponibilità di un familiare a diventare referente per la rete di servizi sanitari pubblici che dovrebbero attivarsi a garanzia del diritto di cura del malato a casa, ma con il ruolo giusto di madre, figlia, moglie. Decise dunque devono essere le azioni di contrasto a mettere sullo stesso piano il familiare con l’infermiera, l’ops, il fisioterapista, come se il primo dovesse sostituire i componenti di una squadra sanitaria domiciliare.
Sarebbe anzi buona cosa coinvolgere i caregiver nei percorsi istituzionali che li riguardano, assicurando loro il ruolo di riferimento a domicilio, procedendo sulla strada dell’assegno di cura nei Livelli essenziali a copertura delle esigenze di salute quotidiane del malato, non solo collegate ad una singola prestazione clinica, e sull’eguaglianza del diritto dei malati di ricevere le migliori cure sanitarie multiprofessionali indipendentemente dal luogo di cura.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)