La presidente dell’Ordine delle professioni infermieristiche di Terni riflette su presente e futuro. Così riassume: «Professionalità ma anche tanto cuore».
"Terni, oggi una città semivuota, ha assunto un aspetto quasi spettrale. Pochissime persone in giro, insolitamente silenziose, ognuna assorta nei propri pensieri e con la mascherina che copre parte del volto, quasi come fantasmi. Per contro i reparti ospedalieri sono affollati di pazienti e di personale sanitario: infermieri, medici, operatori sociosanitari e altre figure professionali. Tutti stanchi per le troppe ore di lavoro, con i solchi lasciati dall’elastico della mascherina, impauriti per il rischio di portare il virus a casa contagiando i propri cari. Fuori dagli ospedali, altri colleghi, che si occupano di assistenza domiciliare o che operano in strutture residenziali: infermieri che entrano nelle case delle persone prese in carico, affette da gravi patologie, infermieri che lavorano nelle case di riposo, a stretto contatto con le persone della terza età, l’utenza più fragile, quella più frequentemente colpita dall’infezione, anche in termini di letalità. Il coronavirus si è abbattuto come uno tsunami sulle nostre vite, improvviso e inatteso travolgendo tutti noi, gettandoci nella disperazione, obbligandoci a vedere le cose con occhi differenti. Ma il mondo non è cambiato, semplicemente prima lo vedevamo in modo differente. Noi infermieri ci siamo sempre e vorremmo tanto che in futuro, ad emergenza finita, si riprogettasse il nostro sistema sanitario, tenendo maggiormente conto delle risorse umane e della figura infermieristica, dei rischi che corre, nonostante la scarsa considerazione economica in cui lo Stato lo tiene".
(Fonte: tratto dall'articolo)