Contro l’Alzheimer per ora non c’è una cura, ma al ricerca sta puntando ad identificare una serie di biomarcatori genetici, biochimici e neuropsicologici che possano segnalare i pazienti a rischio di demenza molti anni prima della comparsa dei sintomi clinici. Tra le molecole in fase di studio ci sono composti che impediscono il formarsi della proteina neurotossica beta-amiloide e anticorpi monoclonali che la rimuovono, quando è presente nell’encefalo. Purtroppo questi farmaci hanno pesanti effetti collaterali e una limitata efficacia contro i disturbi cognitivi. In senso preventivo c’è uno studio internazionale che sta per iniziare anche in Italia per valutare l’efficacia di una molecola, la Cnp520, che blocca uno degli enzimi che producono l’amiloide e ne inibisce la sintesi, ed è effettuato su persone tra i 60 e i 75 anni senza disturbi cognitivi ma con un alto rischio genetico.La molecola, riducendo la produzione del peptide neurotossico, dovrebbe ritardare o prevenire i sintomi dell’Alzheimer, senza rilevanti eventi avversi. C’è un modo diverso di approcciarsi alle demenze, garantisce Stefano Govoni, farmacologo dell’Università di Pavia, illustrando il lavoro con collaborazione internazionale «Alzheimer Precision Medicine Initiative», dove si cerca di identificare i modulatori di funzioni cerebrali-chiave nel traffico di informazioni tra encefalo e periferia del cervello.
(Sintesi redatta da: Balloni Flavia)