Secondo un nuovo studio scozzese, pubblicato su The British Medical Journal, la stimolazione cerebrale nel corso della vita rende più svegli da anziani, ma non è in grado di ostacolare l'insorgenza delle malattie neurodegenerative. Nella ricerca sono state analizzate 498 persone nate nel 1936 che avevano preso parte a un test di intelligenza di gruppo all’età di 11 anni. La sperimentazione scozzese, però, è iniziata quando avevano circa 64 anni. I membri del campione sono stati richiamati per valutare la memoria e fare dei test sulla velocità di elaborazione mentale, circa cinque volte in un periodo di 15 anni. L’attività che rende “più svegli” da anziani, stando ai risultati dello studio, sarebbe l’impegno nelle attività di risoluzione dei problemi, il cosiddetto problem-solving. Godere di una perfomance cognitiva superiore, ovviamente, aiuta a mantenere le capacità cognitive attive per un periodo più lungo, ma questo non può alterare la traiettoria del declino mentale a cui si è destinati una volta che si innesca. I ricercatori sostengono, comunque, che sono necessari ulteriori lavori per definire il ruolo delle attività cognitive nella prevenzione del declino cognitivo.
(Fonte: tratto dall'articolo)