Viene da due cervelli italiani trasferiti in Gran Bretagna(all'Università di Sheffield), la scoperta che potrebbe rivoluzionare la diagnosi precoce, e chissà, forse anche il trattamento di una delle malattie più temute del secolo, l’Alzheimer. Che l’ippocampo, la ‘banca’ delle nostre memorie, fosse implicato in questa patologia, si sapeva da tempo e questo ha portato a ritenere a lungo che il bandolo della matassa di questa misteriosa malattia andasse ricercato proprio in questa bizzarra area del lobo temporale mediale che ricorda vagamente un cavalluccio marino. La professoressa Annalena Venneri e il dottor Matteo De Marco, dello Sheffield Institute for Translational Neuroscience (SITraN) dell’ Università di Sheffield, che hanno pubblicato il risultato delle loro indagini su Journal of Alzheimer’s Disease, hanno sottoposto a risonanza magnetica (RMN) a 3 Tesla, strutturale e funzionale, 51 adulti in buona salute, 30 soggetti con diagnosi di lievi alterazioni cognitive e 29 pazienti con diagnosi di Alzheimer. Tutti i partecipanti allo studio sono stati inoltre sottoposti a test neurofunzionali. Dal confronto degli esami nei diversi gruppi (volumi di VTA e ippocampo, performance della memoria, test delle competenze linguistiche) è emerso un legame tra volume e funzionalità della VTA, volume dell’ippocampo e capacità di apprendere nuove informazioni. Gli scienziati sperano che questa importante scoperta torni a motivare anche Big Pharma, a riprendere le ricerche su questa malattia.
(Fonte: tratto dall'articolo)