"European Carers Report 2018”, il report di Alzheimer Europe (organizzazione che riunisce 40 associazioni Alzheimer nel nostro continente) evidenzia quali sono in Europa, dal punto di vista di familiari e caregiver, i maggiori ostacoli a una diagnosi tempestiva della demenza. Sono stati 1.409 i famigliari coinvolti in 5 Paesi (Italia, Scozia, Olanda, Repubblica Ceca, Finlandia), di cui 339 italiani. Dal report, redatto da Bob Woods, professore di Psicologia clinica presso l'Università di Bangor in Galles (Regno Unito) e direttore del “Dementia services development centre Wales”, risulta che, in media si aspettano 2,1 anni per ricevere una diagnosi corretta, tempistica che migliora leggermente in Italia, dove l'attesa è di 1,6 anni. A questo dato si aggiunge il 25% dei pazienti a cui viene diagnosticata inizialmente un'altra condizione medica, percentuale che per gli italiani sale al 31,9 per cento. Quasi la metà dei familiari (il 47% nel complesso e il 52,1% in Italia) crede che il tasso di diagnosi sarebbe risultato migliore se valutato in modo tempestivo. Inoltre, sono significative le differenze tra i Paesi nella comunicazione della diagnosi: il 59,3% dei caregiver italiani dichiara che la persona non è stata informata della malattia, percentuale che scende al 23,2% in Repubblica Ceca, all'8,2% in Olanda, al 4,4% in Scozia e all'1,1% in Finlandia. “Una diagnosi tempestiva insieme al coinvolgimento del malato nelle decisioni che lo riguardano e all'ascolto delle sue esigenze sono fondamentali per combattere l'esclusione sociale e lo stigma, per assicurare dignità e migliorare la qualità di vita dell'intera famiglia coinvolta”, ha detto Gabriella Salvini Porro, presidente della Federazione Alzheimer Italia.
(Fonte: tratto dall'articolo)