Una nuova generazione di farmaci promette di alleviare i sintomi dell’Alzheimer e di frenarne in parte l’avanzamento. L’attenzione è concentrata sugli Usa, il mercato più grande con quasi 7 milioni di pazienti e, quindi, quello di lancio per le molecole. Fino al 2021, da due decenni la Food and Drug Administration non dava autorizzazioni a un preparato che mirasse a curare l’Alzheimer, poi il controverso via libera all’aducanumab (Aduhelm) ha aperto la strada.
Prima dell’estate 2023 ha ricevuto il sì ufficiale alla commercializzazione lecanemab, che sembra in grado di impedire il rapido deterioramento delle funzioni cognitive. Un altro farmaco chiamato donanemab è stato capace di rallentare il declino mentale di circa il 35% nel corso di un anno e mezzo.Tutte queste molecole sono anticorpi monoclonali e mirano all'amiloide, la proteina che si accumula nel cervello delle persone malate.
Prodotti in laboratorio, si ispirano al funzionamento del sistema immunitario, e agiscono come spazzini verso quella che è sempre stata ritenuta la causa dell’Alzheimer, ovvero le placche amiloidi. Nessuno dei nuovi farmaci ferma comunque la malattia. In media, le 588 persone che hanno ricevuto donanemab nello studio clinico sono rimaste più brillanti intellettivamente per poco più di quattro mesi rispetto alle 594 persone che hanno ricevuto un placebo.
Utilizzando una scala diversa, si è ottenuta una stima di sette mesi e mezzo di tempo in più grazie al farmaco, infuso per via endovenosa. Il candidato ideale all’assunzione è chi ha segni lievi della malattia. Gonfiore ed emorragie cerebrali sono gli effetti collaterali più pericolosi e non infrequenti. Nella recente sperimentazione del donanemab, tre persone sono morte a causa del trattamento.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)