Da uno studio della West Virginia University di Morgantown e del West Virginia Clinical and Translational Science Institute, risulta che gli ultrasuoni focalizzati a bassa intensità (LIFU) guidati tramite risonanza magnetica nucleare (RMN) possono aprire la barriera ematoencefalica (BBB) e consentire l’erogazione mirata dei farmaci in pazienti con Malattia di Alzheimer.
Tre donne con Alzheimer precoce e evidenze di placche di amiloide hanno ricevuto tre trattamenti consecutivi a intervalli di due settimane. La tecnica funziona con un casco dotato di oltre 1.000 trasduttori di ultrasuoni indipendenti, guidati dalla RMN, che viene posto sulla testa del paziente. Ogni trasduttore invia onde sonore mirate alle aree target. I pazienti ricevono anche un’iniezione di un mezzo di contrasto costituito da bolle microscopiche. Una volta applicati gli ultrasuoni all’area target, le bolle oscillano determinando un allentamento transitorio della barriera emato-encefalica.
Per gli autori i risultati sono promettenti e non ci sono stati nelle pazienti effetti avversi per questo vorrebbero trattare più pazienti e studiare gli effetti a lungo termine per vedere se vi sono miglioramenti nella memoria e nei sintomi associati alla malattia di Alzheimer. La ricerca è stata presentata in occasione del meeting annuale della Radiological Society of North America.
(Sintesi redatta da: Carrino Antonella)