Via libera all’aducanumab (nome commerciale Aduhelm), una molecola che dovrebbe contrastare la formazione delle placche amiloidi nel cervello, una delle (probabili) cause della malattia di Alzheimer. Si tratta del primo trattamento che interessa il processo della ma-lattia e non si limita ad alleviarne i sintomi. Il farmaco, sviluppato dall’azienda di biotecnologie americana Biogen, consiste in una iniezione al mese per via endovenosa che nella terapia contro l’Alzheimer contribuirebbe a rallentare il declino cognitivo dei pazienti allo stadio iniziale della malattia. In effetti, si tratta di un sì condizionato, che impegna il produttore a condurre nei prossimi nove anni un rigoroso controllo di Fase 4 sui soggetti trattati per verificare gli effetti. Se essi non fossero pienamente provati, l’autorizzazione al commercio potrebbe essere ritirata.
L’anticorpo monoclonale era da tempo sotto l’attenzione degli scienziati. Biogen aveva avviato anni fa la sperimentazione e c’era molta attesa per un farmaco che si annunciava come una svolta. Nel marzo 2019 arrivò la doccia fredda, con la decisione della stessa casa farmaceutica di sospendere i test a motivo della 'futilità' dei risultati, ovvero l’inefficacia del prodotto. A fine anno l’azienda fece però sapere che l’analisi dei dati complessivi induceva a riprendere studi e procedure di autorizzazione, annuncio che, dopo il precedente crollo, fece risalire le azioni, che lunedì sono letteralmente schizzate a +40%.
Pochi giorni fa autorevoli studiosi avevano pubblicato sul New York Times un articolo in cui si auspicava una bocciatura di aducanumab da parte dell’ente regolatore, per evitare di alimentare speranze infondate e un enorme mercato sulla base di una molecola incapace di restituire efficienza mentale ai malati. È noto che, a causa dei ripetuti fallimenti, molte aziende hanno interrotto i grandi investimenti che per molti anni sono andati alla ricerca di una cura per l’Alzheimer. Sarebbero infatti addirittura 400 i trials clinici che negli anni sono risultati un buco nell’acqua. Forte soddisfazione per la svolta nella possibilità di cura è stata espressa dall’associazione Usa dei malati e delle loro famiglie, così come dall’italiana Aima.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)