Un gruppo di ricercatori della Columbia University (New York) ha voluto indagare se ci siano geni che modulano l’effetto dei fattori di rischio dell'Alzheimer. Nel loro lavoro pubblicato sulla rivista Acta Neuropathologica, dove hanno analizzato i dati di 11.000 persone, i ricercatori hanno scoperto che l’espressione di una proteina, la fibronectina, prodotta da un gene, aveva livelli particolarmente bassi negli individui portatori di ApoE4, ma che non sviluppavano l’Alzheimer. «Il sospetto è che il gene che codifica questa proteina potrebbe essere un fattore determinante nell’influenzare l’effetto di rischio di malattia di Alzheimer e declino cognitivo legato ad ApoE4», ha spiegato Alessandro Padovani, presidente della Società italiana di Neurologia.
Per validare lo studio osservazionale sull’uomo gli scienziati hanno modificato geneticamente i pesci zebra, organismi utilizzati per studiare le patologie umane di origine genetica, confermando che i pesci con alti livelli di fibronectina sviluppavano alterazioni a livello gliare e vascolare molto simili a quelle che si osservano nei pazienti con Alzheimer.
Hanno anche scoperto che riducendo la fibronectina negli animali si aumentava la rimozione dell’amiloide, migliorando la malattia. Dal momento che la fibronectina è un componente della barriera ematoencefalica, una sorta di filtro che circonda i vasi sanguigni del cervello e ne regola il passaggio di sostanze, gli scienziati hanno ipotizzato che modificando questo filtro con il blocco della fibronectina sia possibile impedirne l’accumulo nel cervello.
La ricerca è però ancora molto lunga e ci vorranno anni per capire se sarà davvero possibile creare una terapia che imiti la variante protettiva. Molto di più oggi possiamo fare seguendo corretti stili di vita: ipertensione, fumo, obesità, diabete, sedentarietà consumo di alcol, scarsa istruzione sono tra i maggiori fattori di rischio della malattia di Alzheimer.
(Sintesi redatta da: D'Amuri Vincenzo)