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Alzheimer, screening genetico per ritardare o addirittura impedire lo sviluppo della demenza

www.insalutenews.it, 29-11-2020

Anche in tempo di Covid, la ricerca sulla Malattia di Alzheimer non si ferma. Anzi, nonostante il clamore suscitato in tutto il mondo dalla pandemia, sono molte le novità emerse in questo ultimo anno sia dal punto di vista dei fattori di rischio, sia dal punto di vista diagnostico, sia dal punto di vista terapeutico e il prossimo Convegno Nazionale della Società Italiana di Neurologia sarà un’occasione importante per discutere su dove sta andando la ricerca internazionale e nazionale soprattutto nell’ambito della Malattia di Alzheimer e della altre principali forme di demenza.

La ricerca genetica ha fatto enormi passi avanti e stiamo procedendo verso il traguardo di caratterizzare i soggetti a rischio. Ad oggi, diverse indagini hanno permesso di individuare mutazioni e polimorfismi su numerosi geni, la cui combinazione potrebbe presto portare a un profilo di rischio. Fantascienza? Non proprio. In realtà, come avviene già per il cancro e per le malattie cardiache, lo screening genetico potrebbe aiutare a selezionare i casi nei confronti dei quali attivare un programma di sorveglianza e di intervento per ritardare se non addirittura impedire lo sviluppo della demenza.

Un aspetto fondamentale per combattere la Malattia di Alzheimer è la diagnosi precoce. Infatti, non solo è importante individuare i soggetti a rischio, ma ancora di più è individuare coloro che hanno già la Malattia prima ancora che siano evidenti i primi sintomi. In altre parole, per un trattamento mirato ed efficace il tempo è prezioso anche per la Malattia di Alzheimer. Per adesso per curare i malati di Alzheimer dobbiamo limitarci a somministrare farmaci come gli anticolinesterasici e memantina, ma non sarà per molto. Diversi studi hanno confermato che la somministrazione di terapie biologiche per mezzo di anticorpi contro l’amiloide così come di farmaci in grado di interferire con il metabolismo di questa proteina, non solo riduce l’accumulo di placche senili e la degenerazione neuro fibrillare, ma soprattutto migliora la progressione della malattia.

(Fonte: tratto dall'articolo)

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Data dell'articolo2020-11-29
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Fontewww.insalutenews.it
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Subtitolo in stampawww.insalutenews.it, 29-11-2020
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