Per secoli l’amore, sia sentimentale sia fisico, era appannaggio della gioventù. Per quanto riguarda la civiltà occidentale furono i greci che, con la divisione della vita in periodi ben delimitati dentro a ciascuno dei quali si ritenevano idonei determinati comportamenti. Per il filosofo Pitagora i periodi erano 4, fino ai 20 anni, poi i 40 e infine la vecchiaia al compiere dei 60 anni. In quest’ultima fase, temutissima, si perdeva sia il diritto di far parte dell’esercito sia quello di partecipare al voto, quindi i diritti di cittadinanza che, aggiunti ai mali e ai problemi della vecchiaia presentava i sessant’anni come l’anticamera della morte. Inoltre c’èera l’imposizione sociale di non poter amare più, come spiega il poeta Mimnermo: «Qual mai vita, qual piacere senza l’aurea Afrodite?/ Che io muoia, quando di queste cose più non mi importi,/ il furtivo amore e i dolci amori e il letto,/ che di giovinezza sono i fiori bramati/ da uomini e donne. Quando poi dolorosa sopraggiunga / vecchiaia, che turpe del pari e vile rende l’uomo/ sempre nell’animo tristi cure lo struggono/ né si rallegra a vedere i raggi del sole,/ ma è odioso ai fanciulli e spregevole alle donne/ così orribile un dio fece la vecchiaia».
(Sintesi redatta da: Balloni Flavia)