La salute del cervello passa anche per quella dell’orecchio, infatti è assodato che la presbiacusia, cioè la perdita di udito legata all’età, è un fattore di rischio del declino cognitivo, anche se la correlazione rimane difficile da dimostrare. Sono infatti per la maggior parte degli studi osservazionali che hanno evidenziato l’associazione tra presbiacusia e deficit cognitivo ma senza chiarirne il meccanismo di base. Invece lo studio dell’Università di Salerno, pubblicato su Human Brain Mapping, ha lavorato con tecniche di brain imaging, che hanno permesso di studiare l’attività cerebrale dei volontari. Grazie alle risonanze magnetiche funzionali a cui hanno sottoposto i partecipanti allo studio, gli scienziati hanno osservato che le difficoltà acustiche si traducono in una ridotta irrorazione sanguigna della corteccia uditiva primaria. Questo danno metabolico modifica letteralmente la struttura del cervello, propagandosi alla fitta rete di connessioni neuronali tra la corteccia uditiva e le altre regioni coinvolte nell’ascolto. Per questo la loro alterazione può provocare difficoltà nella comprensione del significato delle parole e, in alcuni casi, l’insorgere di patologie come demenza e Alzheimer. Nonostante ciò, secondo il sistema di sorveglianza dell’Istituto superiore di sanità, quasi un quinto degli ultra 64enni italiani ha un deficit dell’udito, ma solo il 5% utilizza l’apparecchio acustico e il 14% non fa ricorso ad alcun ausilio, anche se ormai gli apparecchi sono raffinati e personalizzabili.
(Sintesi redatta da: Balloni Flavia)