Si stima che 7 milioni di italiani soffrano di incontinenza urinaria (cinque milioni) e fecale (due milioni), con livelli di gravità variabile. Ma la perdita involontaria di urine o feci, dovuta a varie cause, spesso non se ne parla nemmeno col medico di famiglia, eppure di incontinenza si può guarire nella maggior parte dei casi. Come indicato nel «Documento tecnico di indirizzo sui problemi legati all’incontinenza urinaria e fecale», frutto di un Accordo tra Stato e Regioni nel 2018, questa condizione andrebbe trattata facendo «rete» tra i Centri per la prevenzione, diagnosi e cura dell’incontinenza, articolati in base al grado di intensità e alla complessità della patologia, in modo da garantire alle persone incontinenti, in ogni Regione, il giusto Percorso diagnostico-terapeutico assistenziale (Pdta).
Ma a distanza di sei anni la Rete dei Centri risulta operativa solo in Piemonte e Veneto; è stata costituita in Basilicata e Sardegna ma è rimasta sulla carta. In alcune Regioni è in via di costituzione, in altre invece non c’è nessuna azione in corso. Proprio per garantire la piena attuazione su tutto il territorio nazionale delle azioni previste dall’Accordo del 2018, è stato istituito un nuovo tavolo tecnico sull’incontinenza presso il ministero della Salute, composto da rappresentanti istituzionali, di medici, Società scientifiche e Associazioni di pazienti con il compito monitorare gli interventi e dare supporto alle Regioni nell’implementare il modello organizzativo di assistenza indicato dal Documento.
Il primo riferimento per i pazienti sono gli ambulatori dedicati, dove si effettua principalmente la riabilitazione del pavimento pelvico (tuttora carente). Se il problema non viene risolto, si passa ai Centri monospecialistici di 2° livello (di urologia, ginecologia, fisiatria), con posti letto dedicati al ricovero. I casi più complessi di incontinenza, come quelli di origine neurologica, vanno trattati nei Centri di terzo livello, cioè strutture di neuro-urologia o unità pelviche. La disparità di trattamento tra pazienti, persino da un’Asl all’altra, riguarda anche ausili quali cateteri, traverse, pannoloni. Le procedure di acquisto dei presidi non consentono ancora la libera scelta in base ai bisogni specifici della persona. A oggi la loro prescrizione a carico del Ssn è limitata ai pazienti con incontinenza urinaria «da urgenza», nei casi in cui il disturbo minzionale sia correlato a patologie del sistema nervoso centrale.
(Sintesi redatta da: Mayer Evelina)