Di nessuna grande autrice – ha scritto Virginia Woolf a proposito di Jane Austen – è più difficile cogliere il farsi della sua grandezza. Identiche parole sembrerebbero adatte a inquadrare Anne Tyler, prolifica scrittrice statunitense di rara grazia e raffinatezza, definita non a caso «la Jane Austen moderna». I suoi romanzi contengono storie di famiglie, di piccole esistenze periferiche, di donne che si rimettono in gioco alle soglie della terza età, e di uomini il cui disadattamento può scivolare impercettibilmente in una quieta follia: l’autrice stessa ha descritto le sue scene come tentativi di decifrare situazioni lontane osservate dietro i vetri di una finestra, «in modo che tutta la mia curiosità deve trovare risposta dentro di me, e non attraversando la strada e domandando che cosa succede». Nell’ultimo lavoro, La danza dell’orologio (traduzione di Laura Pignatti, Guanda, pp. 308, , autentica summa dei suoi temi più ricorrenti. Qui Willa, una vedova che per tutta la vita ha sempre «affrontato le cose in modo indiretto», oltrepassata la soglia della sessantina, si ritrova a prendersi cura, in una città – ancora una volta, Baltimora – lontanissima dall’Arizona in cui risiede con il secondo marito, di una bimba di nove anni a lei del tutto estranea, la cui madre è stata colpita accidentalmente da un proiettile. L’incontro con la bambina, la mamma (ex-fidanzata del suo primogenito) e la comunità che le circonda, sono il pretesto per riconsiderare la propria esistenza e, soprattutto, l’incapacità di compiere scelte personali.
(Fonte: tratto dall'articolo)