Appena il 12% dei tredici milioni e mezzo di anziani ottiene l'assegno di invalidità. Statisticamente poco più di uno su due di coloro che ne hanno bisogno e spesso sono anziani che vivono soli. Accanto alla non autosufficienza, alle demenze senili la solitudine è uno dei grandi pericoli della vecchiaia. «La solitudine è forse il problema più grave di tutti, perché in un 75enne anche un piccolo deficit cognitivo peggiora rapidamente, trasformandosi in una valanga che porterà l’anziano in una struttura residenziale se non c’è nessuno che gli resta di fianco», dice il professor Marco Trabucchi, geriatra e professore di neuropsicofarmacologia dell’Università di Tor Vergata. Nel giro di un paio di decenni il problema rischia di trasformarsi in una catastrofe. Quando cioè non ci sarà più un esercito di quasi tre milioni e mezzo di persone, i caregiver familiari, che vivono dedicandosi ai genitori, ai mariti o alle mogli, coprendo l’80% delle prestazioni e delle spese. Una possibile soluzione alla mancanza di risorse la propone Alberto De Santis, presidente dell’Anaste - associazione nazionale strutture per la terza età. «Se i lavoratori dipendenti e autonomi rinunciassero a un giorno di ferie potremmo creare un fondo da destinare a chi in vecchiaia è particolarmente fragile». La proposta è mutuata dal modello tedesco. In Germania, già nel 1995 è stata realizzata una riforma per l’assistenza continuativa (Long Term Care) e altrettanto hanno fatto Francia nel 2002, Spagna nel 2006 e Gran Bretagna nel 2014. L’Italia è l’unico grande Paese europeo a non avere riorganizzato in maniera organica il suo sistema di assistenza, salvo dotare il Fondo Nazionale per la non autosufficienza 400 milioni di euro nel 2015.
D'altra parte solo il 4,3% degli over 65 fa ricorso all’assistenza domiciliare integrata (Adi) e ai servizi di assistenza domiciliare forniti dalle aziende sanitarie locali nonostante siano decisivi per consentire alla persona per rimanere nel proprio domicilio. Questo significa che per consentire a chi ha disabilità psichiche e funzionali di continuare la propria esistenza a casa resta consegnato a famiglie e associazioni di volontariato. L’alternativa sono strutture residenziali, pagate per metà dal pubblico, che costano comunque al privato dai 1800 euro al mese in su. Una fatica condivisa da milioni di persone in Italia, ma difficilmente percepita dallo Stato.
(Fonte: tratto dall'articolo)