La richiesta di intervento sugli ultimi episodi di cronaca dei maltrattamenti sui più fragili (anziani, bambini, disabili) da parte delle associazioni, delle famiglie e degli esperti è unanime. Purtroppo il problema dei controlli in Italia è molto spinoso. Sulla carta la vita delle case di cura e di assistenza per disabili e anziani è regolamentata nel dettaglio ed ogni Regione ha il proprio piano socio-sanitario dove sono fissati i requisiti per: autorizzazioni, accreditamento, piano formativo e di aggiornamento del personale. «E i controlli ci sono», assicura Marco Sala, direttore generale dell’Associazione La Nostra Famiglia «Nelle nostre strutture, che sono tutte accreditate, sono le Asl locali a occuparsi delle verifiche annuali e lo fanno puntualmente». Spiega Giovanni Guizzetti, direttore dell’Unità Stati Vegetativi al Centro Don Orione di Bergamo che il problema e che i controlli istituzionali sono a campione e non bastano: «Le strutture devono mettere in atto accurati e costanti processi di verifica interna, con organi di vigilanza preposti». La trasparenza diventa tutto e infatti si sta richiedendo da più parti una legge che renda obbligatoria l’installazione di telecamere nelle case di cura e persino negli asili: «È solo l’inizio. Serve un inasprimento delle pene, serve più formazione negli operatori, serve rispetto per la dignità umana e per la vita», dice il presidente dell’Anffas (Associazione Nazionale di Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale) Roberto Speziale. C’è il ddl Lorenzin fermo in Senato (il numero 1324), che prevede l’aumento di terzo della pena per gli autori dei gesti ripugnanti all’interno delle strutture socio-sanitarie, ma non basta. Il punto che più sta a cuore all’Anffas è la verifica a tappeto di tutte le strutture, da fare in tempi brevissimi. C’è anche il problema della formazione di tutti gli operatori, oltre agli oss (cioè quelli socio-sanitari), pedagogisti ed educatori. Perché accanto a disabili, anziani e bambini devono stare persone con capacità professionale e culturale adeguate alle difficoltà che questo lavoro comporta. Una proposta di legge già esiste, sostenuta dall’Anpe (l’Associazione nazionale dei pedagogisti), ed è di rendere obbligatorio il titolo di laurea per poter svolgere il ruolo di educatore e di pedagogista.
(Sintesi redatta da: Flavia Balloni)