Il terzo Rapporto dell'Osservatorio CERGAS SDA Bocconi-Essity sulla Long Term Care contribuisce in dettaglio al dibattito sul futuro del settore. Rispetto alla rete pubblica, scontando una scarsità di informazioni sul settore e il loro mancato aggiornamento, i dati più recenti sui bisogni al 2016 ci dicono che in Italia gli anziani non autosufficienti erano 2.907.438: un numero enorme, in un trend di crescita inesorabile e dal quale non si tornerà indietro. Rispetto ai servizi socio-sanitari, si conferma il primato dell’ADI in termini di diffusione tra la popolazione anziana raggiungendo 779.226 persone, il 27% del bisogno, pur con un’intensità assistenziale media di 16 ore all’anno, che non permettono di parlare di presa in carico continua e sufficiente a fronteggiare la fragilità di un anziano. L’esito netto dell’attuale impostazione dei servizi è che oltre il 63% degli anziani non autosufficienti non risulta in carico ad alcun servizio socio-sanitario. Il gap appare colmato dalla presenza delle badanti, che si confermano asse portante del nostro sistema di welfare. La stima aggiornata per il 2019 che proponiamo in questo Rapporto conta 1.018.555 badanti, il 60% delle quali irregolari: un mercato enorme, che catalizza ingenti risorse out of pocket delle famiglie e che risulta tuttora fuori da ogni radar pubblico.
Per la prima volta, l’Osservatorio porta la prospettiva diretta di anziani e famiglie, pubblicando evidenze circa la percezione e il rapporto che questi hanno dei servizi di Long Term Care. L’indagine, condotta tra giugno e settembre 2020 su quasi 1.000 nuclei familiari ha portato risultati significativi. Anzitutto evidenzia una visione molto “clinica” delle RSA, in quanto identificate nella maggior parte dei casi come ultimo setting possibile, laddove non sia più possibile assistere a casa i propri cari. Nei casi di assistenza domiciliare sono i familiari a mettersi in campo come caregiver o attivando una badante e i grandi assenti in termini di servizi attivati sono le alternative – pubbliche o private – esistenti (es. centri diurni, assistenza domiciliare, ecc.).
La seconda parte del Rapporto ha indagato gli effetti della pandemia da Covid-19 sul settore socio-sanitario. Il dato più grave che è emerso dall’analisi delle poche rilevazioni disponibili è l’assenza, dopo quasi un anno dal primo caso registrato, di dati puntuali e certi circa l’andamento di contagi e decessi tra operatori e ospiti delle strutture socio-sanitarie. Sul versante dei servizi, i gestori al momento non hanno percepito un cambio di atteggiamento, né un calo di fiducia nel settore da parte delle famiglie. Ciò nondimeno, i tempi non sono ancora maturi per stabilire se e quanto l’emergenza Covid-19 possa aver cambiato i comportamenti delle famiglie: i dati della survey con le famiglie evidenziano come quasi un quarto dei rispondenti abbiano deciso di togliere l’anziano dalla lista di attesa per una RSA alla luce degli accadimenti legati all’emergenza sanitaria (per nuove e maggiori possibilità di organizzazione domestica tramite smart working; per diffidenza verso quanto accade nelle strutture, …). I provider mostrano di avere in mente che questa pandemia potrebbe aver cambiato radicalmente le abitudini di anziani e famiglie, sottolineando come tra le priorità dei prossimi mesi vi sia quella di avviare una riflessione sul rinnovamento e adattamento del portafoglio dell’offerta.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)