Per Costanzo Ranci, ordinario di Sociologia economica al Politecnico di Milano, dove coordina il Laboratorio di Politiche Sociali, il 2020 non solo è stato terribile per gli anziani, ma si conclude senza alcun miglioramento nella gestione delle Residenze sanitarie assistenziali (Rsa), salvo eccezioni che come tali rimangono.
“Siamo in attesa di avere i dati sui contagi nella seconda ondata del virus -spiega-. Ma rimane il deficit di personale e l'inadeguatezza delle strutture”.
Nell'aprile scorso il prof. Ranci ha pubblicato uno studio intitolato: “Un’emergenza nell’emergenza. Cosa è accaduto alle case di riposo del nostro paese?”. Secondo i dati raccolti, nelle case di riposo italiane sono ricoverati 285 mila anziani over 65, di cui gran parte sono ultraottantenni (il 75 %), donne (il 75 %) e non autosufficienti (il 78%) Il tasso di copertura dell’Italia è circa la metà di quello della Spagna, un terzo di quello tedesco, quasi un quarto rispetto a quello di Svezia e Olanda. Ci superano anche Giappone, Corea e persino gli Stati Uniti. Dietro a noi troviamo soltanto la Polonia.
Il vero problema delle Rsa italiane è che sono diventate sempre di più delle strutture sanitarie con ospiti sempre più anziani e malati, ma allo stesso tempo hanno ridotto il personale medico e gli investimenti pubblici sono diminuiti. “La disattenzione del Paese sul tema della cura degli anziani è emersa all'inizio della pandemia quando non ci si è accorti del dramma che si stava consumando -racconta Costanzo Ranci-. Solo grazie ad alcune inchieste giornalistiche e giudiziarie è emerso quanto stava accadendo. E solo allora il contagio nelle Rsa è entrato nell'agenda nazionale”. Finita la prima ondata è arrivata l'estate e ci si è come dimenticati delle Rsa.
“A fine 2020 quel titolo 'Emergenza nell'emergenza' è ancora attuale. I problemi di fondo e la scarsa attenzione alle tematiche legate alla cura degli anziani ci sono ancora tutti”. Manca un Piano nazionale sulla cura degli anziani. “Ci vorrebbero politiche di long-term care di medio e lungo periodo - sottolinea -. Vanno ripensate le strutture, prediligendo quelle più piccole così da gestire contatti con l'esterno in maniera più semplice. Sono però operazioni costose e che richiedono un forte impegno del Paese”.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)