“All'inizio della pandemia c'è stata sottovalutazione del contagio nelle Rsa. Oggi siamo ancora in una situazione di emergenza nell'emergenza”. Per Costanzo Ranci, ordinario di Sociologia economica al Politecnico di Milano, dove coordina il Laboratorio di Politiche Sociali, il 2020 non solo è stato terribile per gli anziani, ma si conclude senza alcun miglioramento nella gestione delle Residenze sanitarie assistenziali (Rsa), salvo eccezioni che come tali rimangono. “Siamo in attesa di avere i dati sui contagi nella seconda ondata del virus -spiega-. Ma rimane il deficit di personale e l'inadeguatezza delle strutture”. Nell'aprile scorso il prof. Ranci ha pubblicato, insieme al prof. Marco Arlotti, uno studio dal titolo particolarmente eloquente: “Un’emergenza nell’emergenza. Cosa è accaduto alle case di riposo del nostro paese?”. Secondo i dati raccolti, nelle case di riposo italiane sono ricoverati 285 mila anziani over 65, di cui gran parte sono ultraottantenni (il 75 per cento), donne (il 75 per cento) e non autosufficienti (il 78 per cento).
Finita la prima ondata è arrivata l'estate e ci si è come dimenticati delle Rsa. “A fine 2020 quel titolo 'Emergenza nell'emergenza' è ancora attuale. Non è sostanzialmente cambiato nulla. I problemi di fondo e la scarsa attenzione alle tematiche legate alla cura degli anziani, che hanno reso così vulnerabili le Rsa di fronte al Covid-19, ci sono ancora tutti”. Manca un Piano nazionale sulla cura degli anziani. “Ci vorrebbero politiche di long-term care di medio e lungo periodo - sottolinea -. Vanno ripensate le strutture, prediligendo quelle più piccole così da gestire contatti con l'esterno in maniera più semplice. Sono però operazioni costose e che richiedono un forte impegno del Paese”.
(Fonte: tratto dall'articolo)