Per Cristiano Gori, promotore del Network Non autosufficienza, il maggior interesse verso gli anziani non autosufficienti e le loro famiglie, che si era espresso nella riforma contenuta nel Pnrr, sta venendo meno. Il Patto per un Nuovo Welfare sulla Non Autosufficienza aveva chiesto 300 milioni per i Servizi di Assistenza Domiciliare (Sad) erogati dai Comuni, ma la legge di Bilancio, che ha iniziato l’iter parlamentare, ne prevede solo 100. D'altra parte, il ministro Orlando ha definito l'inserimento della riforma un'iniziativa di lobbismo. Ma, avverte Gori, la previsione di una riforma dell'assistenza per gli anziani non autosufficienti, al più tardi nel 2024, prevista nel Pnrr, è una grande occasione e va valorizzata.
Proprio per questo, rilancia con forza la proposta del Patto in cui si chiedeva, tra le altre cose, che 300 milioni per la Sad fossero incardinati come livelli essenziali. Perché il Pnrr prevede grandi investimenti per l'Adi (Assistenza Domiciliare Integrata), ma non per la Sad. L’obiettivo iniziale era costruire, già dal prossimo anno, risposte integrate tra Comuni e Asl per avviare nei territori quelle risposte integrate che rappresentano uno degli obiettivi che il Pnrr attribuisce alla riforma della non autosufficienza. La richiesta iniziale dei 300 milioni nel 2022, era fissata per dare risorse anche a quella "gamba sociale" della domiciliarità su cui ancora s'investe pochissimo.
Basti pensare che oggi il 6,2% degli anziani non autosufficienti riceve l'Adi, mentre solo l'1,3% riceve la Sad. E il Pnrr prevede, per il 2022, 584 milioni nuovi per l'Adi, nulla per la Sad. Per questo, un investimento di 300 milioni per la Sad, spiega Gori, sembrava un buon punto di partenza per riequilibrare le risorse e incamminarsi verso l'integrazione. La Legge di Bilancio, se da un lato accoglie la richiesta di fondi per la Sad incardinati come livelli essenziali, dall'altra riduce questi fondi a 100 milioni. Questo – come osserva Gori - mette a rischio la possibilità di iniziare già nel 2022 a costruire quella domiciliarità integrata che da tempo invochiamo, solo per un banale disequilibrio di risorse.
Gori ha annunciato quindi che “prensenteremo emendamenti, con l'obiettivo di reintegrare questi fondi. Intanto, portiamo avanti le altre nostre richieste su questo primo pacchetto per la domiciliarità: garantire che i nuovi fondi non servano a replicare il vecchio modello di Adi prestazionale; secondo, che a partire da questi fondi per la domiciliarità, si costituisca una cabina di regia congiunta tra i due ministeri interessati, Salute e Politiche sociali”, la condizione principale e il primo necessario passo per costruire una piena integrazione socio-sanitaria.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)