La tendenza all’uso di eufemismi ci fa preferire la parola anziano al posto di vecchio. Allo stesso modo diciamo “male incurabile” e non “tumore”. Oppure: “Ha subìto un colpo alle parti intime” anziché “ai testicoli”, “cattivo odore” invece di “puzza”, “ci ha lasciato” in luogo di “è morto”.
Ipocrisie frutto di una visione inconsciamente performativa del linguaggio: si pensa in fondo che la lingua crei e non si limiti a descrivere. Vecchio è per esempio l’aggettivo che funziona con gli oggetti: vecchio scarpone, vecchia casa, vecchia storia.
Anziano – Brevi note etimologiche a cura di Carla Gambacorta
La parola anziano ci arriva dal latino parlato anteanus, formato da ante (che significa "prima") e dal comunissimo suffisso -anus (tipico per i nomi di abitanti, come nel caso di assisano). Anteanus evolve quindi verso la versione antianus, dove nel passaggio all’italiano il nesso -tj- si trasforma in un suono sconosciuto al latino, la z: ed eccoci arrivati ad anziano. Nulla di straordinario, lo stesso è accaduto ad esempio in ozio, derivato da otium, o in spazio, derivato da spatium.
È bello ricordare, in un’epoca in cui il giovanilismo la fa da padrone, che la prima attestazione di questa voce in italiano col significato di "persona di età avanzata" è nel Filocolo di Boccaccio, in cui si legge: “ché ancora che io sia anziano, son io a gravissime fatiche possente più che tali giovani”.
(Sintesi redatta da: Lupini Lucio)