Se al centro delle ultime decisioni del Ministero della Salute c’è la necessità di garantire la sopravvivenza del Servizio Sanitario Nazionale senza mortificare l’autonomia delle professioni, né ledere il diritto alla salute dei cittadini, bisogna che tutti gli attori coinvolti (Ministero, regioni,sindacati, medici, società scientifiche e associazioni) informino con chiarezza i cittadini, ignari dei tecnicismi vari su cosa sta avvenendo nel nostro Servizio Sanitario Nazionale . Gli ultrasessantacinquenni rappresentano il 67% degli accessi alle prestazioni diagnostiche erogate ma Federanziani invita a riflettere sui potenziali costi per il controllo delle “presunte prescrizioni inappropriate” nonché sul rischio di una compromissione del rapporto di fiducia medico - paziente. Se è vero che in Italia si erogano 1 miliardo 365 milioni di prestazioni ogni anno, pari a 22,78 prestazioni in media per ogni residente, e che l’87% di queste è negativa, e se è stato stabilito che alcuni esami, una volta effettuati (a totale carico del SSN) possono essere ripetuti dopo 5 anni in assenza di patologie e particolari fattori di rischio, certamente esistono linee guida medico scientifiche che lo consentono. Per Federanziani “i cittadini/pazienti per primi devono comprendere che razionalizzare le prestazioni non significa togliere loro la salute, ma operare per il mantenimento di un sistema universalistico adeguando l’offerta di servizi ai nuovi bisogni sanitari,prodotti anche dall’ invecchiamento progressivo della popolazione, e dalle opportunità offerte dall’ innovazione.
(Fonte: tratto dall'articolo)