Sono più di 2 milioni le colf, le badanti e le baby-sitter che lavorano nelle case italiane, di cui solo 800mila con contratto regolare, mentre il restante 60% è “in nero”, e di queste, 910mila sono senza permesso valido.
Questo nonostante sia il’1,25% del nostro Pil e l’8,2% del totale dei lavoratori italiani: un comparto, quello del lavoro domestico, dove non esiste ancora un sistema di agevolazioni fiscali adeguato per chi assume. Pur essendo un lavoro di grande rilevanza sociale e supporto alle famiglie, svolto per la stragrande maggioranza da addetti di origine straniera non offre tutele a chi vi opera.
Questi sono i dati contenuti nel Libro Bianco del lavoro domestico 'Famiglia, lavoro e abitazione', presentato dal Cnel da Assindatcolf (Associazione nazionale dei datori di lavoro domestico) e da Effe (Federazione europea dei datori di lavoro domestico). In Europa sono 8 milioni le lavoratrici domestiche regolari (un decimo delle quali impiegate in Italia), ma nel 70% dei casi il lavoro domestico viene fornito dal servizio pubblico o da organizzazioni profit e non profit. In Europa il settore rappresenta comunque il 4% dell’occupazione totale e, supportato da adeguate politiche pubbliche e da finanziamenti, si stima che potrà espandersi in modo capillare nei prossimi anni, con un bacino di 5 milioni di nuovi posti di lavoro.
Il rapporto inoltre presenta 10 proposte per la possibile valorizzazione del comparto in Europa, ad esempio con la creazione di un osservatorio statistico centrale per censire i reali numeri del settore, o con il riconoscimento dello status europeo del datore di lavoro e del lavoratore domestico. Prosegue raccomandando la crescita della sicurezza nello svolgimento dell’impiego, una maggior visibilità del valore sociale di questo lavoro; la formazione delle operatrici e la garanzia dei loro diritti sociali e aiuti per le regolarizzazioni.
(Sintesi redatta da: Balloni Flavia)