Oggi in Italia i non autosufficienti sono 2,9 milioni e nel 2030 diventeranno 5 milioni. Aumenterà, quindi, la popolazione con necessità di cura e assistenza domiciliare ma solo il 10% degli over 65 usufruisce dell’Adi (l'assistenza domiciliare integrata), mentre il Pnrr stanzia 2,7 miliardi per potenziare i servizi a domicilio. L’Agenas parla di 529mila anziani in più che hanno beneficiato dell'Adi nel corso del 2023, che sommati ai 459mila in carico l'anno precedente arrivano a 988mila, pari al 6,9% degli over 65.
I numeri del Ministero della Salute, quantificando in circa due milioni la quota di popolazione assistita in un anno a domicilio, indica in 18 ore l'anno quelle di assistenza offerte, contro le 2.404 ritenute a livello internazionale necessarie per consentire ad un non autosufficiente di restare a casa senza peggiorare: cioè lo 0,7% di quel che sarebbe necessario. Secondo un sondaggio della Confad, durante la pandemia il 65% degli intervistati ha dichiarato di non aver avuto nessun contatto con i centri di riferimento, con la conseguenza che non è stato attivato nessun servizio (fisioterapia, logopedia, infermiere, operatore socio sanitario, educatore).
Nel 74% dei casi non c'è stata nemmeno un'offerta di assistenza da remoto e i servizi sul territorio hanno evidenziato uno stato di carenza tale per cui nell'80% dei casi i servizi non erano previsti o, se attivi, sono stati interrotti. Questo si traduce anche in un costo maggiore per il Ssn, visto che dove si fa meno Adi aumentano i ricoveri. L'Adi è sempre più affidata a cooperative private, che spesso contingentano il personale, magari inviando operatori socio-sanitari anziché infermieri, fisioterapisti e medici. Ora il Pnrr dovrebbe implementare l'offerta di servizi, ma resta il problema della mancanza sul mercato del lavoro proprio di infermieri e fisioterapisti, figure cardine dell’assistenza domiciliare.
(Sintesi redatta da: Zanetti Silvio)