Boys è il nuovo film di Davide Ferrario, classe 1956, autore eclettico di film nati dal guardarsi intorno, con senso autocritico e indomita curiosità. «Essere sessantenni oggi è strano, perché non ci si sente vecchi. Ma in questo c'è un pericolo: continuare a credersi giovani. Io penso, invece, che non dovremmo rincorrere chi ha meno anni di noi. Dovremmo essere fedeli a noi stessi e al nostro passato. Il che non significa rimpiangerlo con nostalgia, ma esserne dei testimoni sinceri, nel bene e nel male». Con queste parole il regista spiega al pubblico il senso della sua opera, che descrive il contrasto tra due fasce d’età.
In Boys, che ha inaugurato il 67° Taormina Film Festival, troviamo le vicende di Joe (Marco Paolini), Carlo (Giovanni Storti), Bobo (Giorgio Tirabassi) e Giacomo (Neri Marcorè), con il rock, «linguaggio capace, quello sì, di attraversare le generazioni», sottolinea il regista, a fare da sfondo. Amici da sempre, i quattro ritrovano l'occasione che potrebbe farli tornare indietro, agli Anni 70 del loro breve successo. Ma pur dovendo ciascuno affrontare una sorta di "prova di passaggio", scopriranno che la vita può tenere sempre in serbo soddisfazioni imprevedibili. A patto, però, di confrontarsi con altri due mondi, imprescindibili, donne e giovani.
Secondo Ferrario i 60enni di oggi non si sentono tali per svariati motivi.Da giovani hanno pensato di poter cambiare il mondo, senza rassegnazione e con la voglia di riempire le piazze, un sentimento che ancora gli appartiene. Il rischio è di rimanere intrappolati nel passato, senza riuscire a sfuggire alla nostalgia, sentendosi la “generazione eletta”. L'esito positivo di questa visione di se stessi, che è anche il messaggio del film, è la consapevolezza che, grazie a questa visione, si possa sempre ricominciare, anche a 65 anni.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)