Le novità che stanno emergendo in merito all’Alzheimer riguardano la scoperta di alcuni biomarcatori precoci della malattia, (sostanze che segnalano le prime anomalie anche quando ancora non ci sono sintomi), permettendo così di mettere in atto tutte le possibili misure per rallentare la progressione della malattia. Un gruppo di ricercatori nippo-australiano ha pubblicato su Nature i risultati ottenuti con un test che ha predetto la malattia con 20 anni di anticipo. L’esame, che si effettua sul sangue, è un’identificazione immunologica accoppiata a una tecnica chimica (una spettrometria di massa) di diverse frazioni della proteina beta amiloide e del loro andamento nel tempo. L’esame, molto facile da eseguire ed economico, ha dato il giusto responso nel 90% dei casi, identificando i malati in largo anticipo rispetto ai sintomi della malattia. All’Istituto Neurologico Besta di Milano invece stanno verificando l’efficacia predittiva dell’amplificazione di pochissime copie di alcune proteine con anomalie specifiche (la tecnica si chiama protein misfolding cyclic amplification - Pmca). Se confermata, la Pmca permetterebbe di distinguere le diverse forme di Alzheimer, così da poterle curare, in futuro, con terapie più mirate.
(Sintesi redatta da: Balloni Flavia)