Fulvia Vono è la titolare della cooperativa Una Vita che si occupa dell'assistenza a casa di decine di anziani nel quadrante Est di Roma, tra il Casilino e il Prenestino. Finite le ferie, ha ricominciato ad arruolare collaboratrici domestiche a pieno ritmo, ma stavolta c'è un requisito in più per ottenere (o conservare) il posto: essere vaccinati. In teoria, il governo non ha mai introdotto l'obbligo vaccinale. Ma in pratica è come se ci fosse.
Secondo l'Api-Colf, una delle principali organizzazioni di categoria, 8 famiglie su 10 pretendono il lasciapassare verde. Vogliono il pass perfino le famiglie no-vax. «Capita anche questo: che un figlio non vaccinato, chieda il vaccino per la badante del padre o della madre», racconta Antonia Paoluzzi, presidente di Api-Colf, oltre 4mila collaboratrici tesserate nell'area di Roma e provincia.
Di fatto - dunque - è diventato un requisito necessario, anche se formalmente non è mai stato varato l'obbligo vaccinale, come è avvenuto invece per gli operatori delle case di riposo. Sempre secondo le associazioni di categoria, un terzo delle badanti non ha fatto l'iniezione: la Romania è al penultimo posto tra i paesi Ue per tasso di popolazione vaccinata, appena il 25%. Tanto che il governo di Bucarest ha appena deciso di spedire altrove una quota delle proprie dosi, per evitare di buttarle.
Chi non si vaccina, lo fa accettando il rischio di perdere il contratto. Per essere licenziati, in questo settore, basta la rottura del rapporto di fiducia tra le parti. E «l'indisponibilità a esibire la vaccinazione mina il rapporto di fiducia con il lavoratore», ha spiegato Andrea Zini, presidente di Assindatcolf, l'associazione di rappresentanza delle famiglie datrici di lavoro. Sulla scelta di chi è in cerca di lavoro pesa anche l'instabilità di questo tipo d'impiego: a volte questi contratti durano poco, altre non si è sicuri fino all'ultimo dell'assunzione. Chi ha dubbi sul vaccino, si chiede così se ne valga la pena.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)