Fa discutere, in Canada, la consultazione lanciata dal governo per ampliare i criteri di ammissibilità a eutanasia e suicidio assistito. Ferma e netta la posizione della Chiesa cattolica, in difesa della vita: in una lettera indirizzata al primo ministro, Justin Trudeau, e firmata dal presidente della Conferenza episcopale canadese, Monsignor Richard Gagnon, si sottolinea che uccidere direttamente una persona o partecipare al suo suicidio sono atti che “non possono essere mai giustificati”.
Per questo, si esorta il governo canadese a “intraprendere una riflessione più ampia, approfondita, imparziale e prolungata sulla questione, al fine di garantire che tutti i fattori pertinenti – sociali, medici e morali – siano attentamente e accuratamente considerati”. Forte anche l’appello dei vescovi ad attuare pienamente e rendere accessibili le cure palliative, in quanto offrono “l'unica alternativa rispettosa, completa ed etica al problema".
Quanto al metodo scelto dal governo, ovvero quello della consultazione popolare, il presule afferma che “è inopportuno e superficiale usare un sondaggio per affrontare gravi questioni morali riguardanti la vita e la morte”, per di più in un lasso di tempo di sole due settimane.
La consultazione, inoltre, non tiene conto di molti fattori che possono influenzare la richiesta di eutanasia e suicidio assistito da parte di una persona, come “solitudine, isolamento, mancato supporto della famiglia o della comunità, crisi fisica o psicologica”. Tali fattori andrebbero, invece, considerati per comprendere la vulnerabilità di un paziente. Altro punto focale evidenziato dalla Conferenza episcopale di Ottawa è quello dell’ascolto: per ottenere “uno studio che sia più rigoroso, imparziale e prolungato” su questo tema, vanno coinvolte tutte le parti in causa: i genitori di figli affetti da malattie mentali; gli operatori sanitari obiettori di coscienza; gli anziani malati abusati dai loro assistenti.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)