L’indagine “Caregiver e Covid-19” ha alla base la domanda su come stanno vivendo l’emergenza Coronavirus i caregiver. Per i ricercatori ne emerge la rappresentazione di un mondo di cui è difficile fare una sintesi, perché ogni storia è a sé. Il racconto è quello di famiglie sole,spaesate perché povere di riferimenti . La realtà di un impegno muto, non abituato ad esternare i propri sentimenti e le proprie esigenze. Una realtà lontana dai servizi di welfare, più rassegnata che rivendicativa.
Realizzata nell’ambito del progetto “Time to Care”, finanziato da Fondazione Cariplo, la ricerca è stata condotta dall’Associazione per la Ricerca Sociale (ARS) con Acli Lombardia, VillageCare e le sezioni lombarde di Legacoop, Spi Cgil, Fnp Cisl, Ordine degli Assistenti Sociali, Auser e Anteas.
Tra il 14 aprile e il 3 maggio, circa 1.000 persone hanno risposto ad un questionario online . A rispondere, sono state soprattutto le donne (85% dei casi) e le persone nella fascia d’età compresa fra i 50 e i 60 anni (46% dei caregiver). Le risposte sono arrivate prevalentemente dalle regioni del Nord (83%). Nella maggior parte dei casi la persona assistita è il genitore del caregiver o il coniuge.
Di seguito, una sintesi dei principali risultati.
Che cosa è cambiato nell’emergenza Covid?
L’emergenza Covid ha aumentato il carico di aiuto per quasi 1 caregiver su 2 (46%). Per che cosa? Principalmente per offrire compagnia: un dato che fa riflettere sul livello di solitudine di moltissime situazioni. Pochi i caregiver che hanno usufruito delle giornate aggiuntive di permesso ex l. 104/92 previste dal decreto Cura Italia. Molto rerefatti gli aiuti ricevuti dai Comuni (5% dei casi), dai volontari (9%), marginali anche i servizi delle Asl (12%). Inoltre è molto pesata la chiusura di centri diurni (per anziani o disabili) e la riconfigurazione dell’assistenza domiciliare. Quanto alle badanti, che in Italia sono una forma di supporto molto diffusa, l’emergenza Covid ha notevolmente ridotto l’aiuto fornito alle famiglie. Il rapporto di lavoro è stato interrotto in più di 1 caso su 4 (27%), mentre in 1 caso su 10 (11%) l’ orario è stato ridotto.
Cosa chiedono i caregiver?
Dalla ricerca emerge un dato che contraddice la diffusa convinzione che gli aiuti monetari siano il supporto preferito dai caregiver. Al primo posto, quasi 1 intervistato su 2 chiede i servizi domiciliari di cui molti, anche prima del coronavirus, non usufruivano.
E c’è un disperato bisogno di essere informati sui servizi presenti nel territorio.
(Sintesi redatta da: Carrino Antonella)