Lo scontro generazionale tra vecchi e giovani rischia di nascondere il vero problema: il mondo nuovo ha abolito milioni di posti di lavoro senza crearne altri.
"Un paio di settimane fa una mia breve risposta sul Venerdì a un lettore mio coetaneo ha provocato, del tutto immeritatamente, uno di quei polveroni social. Si toccava la delicata questione del ricambio generazionale. Scrissi — per farla breve — che noi baby boomer abbiamo avuto la fortuna di cavalcare una potente onda di cambiamento e di progresso socio-economico; mentre molti ragazzi di oggi, pur avendo talenti e meriti almeno pari ai nostri, hanno la sfortuna di vivere in un tempo molto più incerto, ed economicamente depresso. E in ogni modo, parlando di giornali e di letteratura, aggiunsi che se anche "i vecchi" rinunciassero a scrivere, questo non aprirebbe di per sé neppure mezza porta ai "giovani", perché ogni generazione cresce per suo conto e non deve chiedere il permesso a nessuno. Al putiferio social è seguito, su Repubblica, un dibattito ben più strutturato e riflessivo. Sulle navi che affondano (quasi ogni giornale a pagamento, in questo momento, è una nave che rischia di affondare) vige ancora una specie di dress code che impone di non urlare e non maledire. Con una differenza, rispetto ai social, non piccola, e anzi decisiva: per scrivere su un giornale si viene pagati, e per leggerlo si paga. Questa disparità di luoghi e di modi è già un pezzo importante del dibattito in questione. Per molti under quaranta scrivere su un giornale è ancora un obiettivo, malgrado il compenso sia sempre più basso; ma il paradosso è che ormai quasi nessun under quaranta legge un giornale, ed è anche per questo che i giornali vendono sempre meno copie e pagano sempre peggio redattori e collaboratori. I giornali sono, per eccellenza, un attrezzo "per vecchi". I giovani, anche quelli più culturalmente ambiziosi, si formano e si informano altrimenti."
(Sintesi redatta da: Linda Russo)