In Italia non esistono residenze dedicate esclusivamente alla terza età: il 35,6% delle strutture attuali è rivolto a utenti non autosufficienti, il 38,2% a utenti con grado di autosufficienza mista, solo il 6,4% per anziani autosufficienti (fonte Ipso Korian per Osservatorio Senior). In Europa, dicono i dati forniti da Nomisma, il volume transato nel “senior housing/care home sector” si è attestato al terzo trimestre 2017 a 4,1 miliardi di euro, mentre in Italia gli investimenti nel settore hanno raggiunto solo l’1,8% del totale investito, 129milioni di euro. L’esperienza europea fornisce alcune informazioni: dimensione media dell’alloggio deve essere sui 50-60 mq, circa il 10-15% degli spazi può essere destinato a uso temporaneo (ad esempio per ospitare i parenti in visita e nuovi “utenti) e che il 10% è destinato a ambienti comuni. E’ inoltre richiesto un mix sociale e abitativo, con la presenza di servizi sportivi, ricreativi e culturali. Dalla ricerca di Nomisma, dal 2000 in Italia si è iniziato a lavorare per promuovere progetti di seconda generazione, anche introducendo servizi à la carte, privilegiando l’affitto, con il coinvolgimento di investitori privati e differenziando il target market. C’è una crescita di interesse da parte degli investitori per asset class immobiliari innovative tipo le residenze per anziani e per studenti, con iniziative di co-housing, ma sarebbe utile un supporto pubblico, come in Germania, dove lo Stato eroga un contributo a supporto degli anziani ospitati nel senior living. L’Inps ha finito la prima operazione di apporto al Fondo i3-Silver per due asset immobiliari selezionati per essere riconvertiti a senior housing, un centro vacanze al Lido Alberoni di Venezia e una casa di soggiorno climatica a Giulianova. Nel Nord Italia si stanno già sperimentando architetture innovative per il senior housing.
(Sintesi redatta da: Balloni Flavia)