Il dossier riguardante l’iniezione di mezzo miliardo di franchi all’Istituto di previdenza del Cantone Ticino (attuale denominazione della cassa pensioni dei dipendenti dello Stato) è tornato ieri mattina sui tavoli della commissione parlamentare della Gestione, con l’audizione delle associazioni del personale. I sindacati appoggiano il messaggio governativo, ovvero l’attribuzione all’Ipct del contributo integrativo di 500 milioni “per la copertura del costo supplementare delle garanzie di pensione concesse agli assicurati con più di 50 anni” nel quadro della riforma entrata in vigore nel 2013. Il tema, pendente da tempo in Gestione, era stato politicamente congelato a causa della pandemia e delle conseguenze economiche sui conti del Cantone.
"Pur comprendendo il difficile momento finanziario e il peso di questa richiesta, sosteniamo la misura proposta del Consiglio di Stato, che è inevitabile dover attuare se si vuole scongiurare danni peggiori", afferma Lorenzo Jelmini, membro popolare democratico della Gestione ma sentito dalla commissione in veste di sindacalista dell’Ocst. Le forze politiche minacciano il referendum. Per i sindacati e i socialisti “non si può far pagare i debiti dei vecchi ai giovani, queste garanzie ai pensionati non le hanno decise i giovani: sono il Consiglio di Stato il Gran Consiglio che nel 2012 le hanno date e sta a loro finanziarle. Senza questi 500 milioni si rischia di scatenare una sorta di guerra intergenerazionale”. I 500 milioni, evidenzia Mattia Bosco, presidente del Comitato di coordinamento sindacale, “sono assolutamente necessari per far sì che il peso del mancato finanziamento non ricada sugli attivi, su coloro che lavorano. Per non penalizzarli ulteriormente”.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)