Uno studio su Lancet attesta che vivere in condizioni sociali ed economiche precarie può privare una persona anche di 2,1 anni di vita. Il progetto Lifepath, finanziato dalla Commissione Europea allo scopo di fornire un aggiornamento sulla relazione tra disuguaglianze sociali e quelle di salute, per la prima volta confronta l’aspettativa di vita tra persone che vivono con condizioni socioeconomiche diverse e paragona queste differenze con quelle dovute a sei fattori di rischio: fumo, consumo di bevande alcoliche, diabete, ipertensione, obesità e inattività fisica. Sono stati seguiti per 13 anni 1,7 milioni di persone in diversi Paesi: Gran Bretagna, Italia, Portogallo, Usa, Australia, Svizzera e Francia. Le conclusioni della ricerca sono che è più efficace per la salute intervenire a monte su fattori come il lavoro o l’educazione rispetto alle azioni focalizzate su singoli fattori di rischio (smettere di fumare, consigli alimentazione ecc…). Paolo Vineis, epidemiologo dell’Imperial College London e coordinatore di Lifepath conclude suggerendo che l’obiettivo è di capire attraverso quali processi biologici le disuguaglianze sociali si traducano in disuguaglianze per la salute per poter fornire accurate prove scientifiche a istituzioni sanitarie e decisori politici. Chi è più povero è destinato a morire prima.
(Sintesi redatta da: Flavia Balloni)