Paolo Maria Rossini, direttore area Neuroscienze della Fondazione Gemelli dell’Università Cattolica di Roma, rispetto alla scoperta che dovrebbe permettere di individuare con 20 anni in anticipo chi si ammalerà di Alzheimer è molto positivo. Infatti grazie allo stile di vita si può intervenire, calcolando che emerge dalle ricerche, gioca un ruolo due o tre volte superiore rispetto alla genetica. Quindi adottando degli interventi mirati (ad esempio se uno è obeso dimagrisce, se sedentario fa attività fisica e così via) ci si può proteggere. Gli studi però andranno validati sui grandi numeri, perché il test, in modo poco costoso e con un’accuratezza del 94%, trova i depositi di amiloide nel cervello che sono un segno distintivo dell’Alzheimer. Ma i depositi si trovano anche nelle persone anziane sane. Per questo va validato. Così che quando ci sarà una cura farmacologica si potrà intervenire per tempo.
(Sintesi redatta da: Balloni Flavia)