La sottostima delle condizioni di salute dei degenti in Rsa è una delle cause della loro emarginazione.
Se non vengono considerati malati perché dovrebbero necessitare le cure?
Perché le risorse per la loro degenza dovrebbero essere di competenza al SSN?
Al contrario, la natura sanitaria delle esigenze dei malati cronici non autosufficienti ha come componente fondamentale il fatto che esse sono indifferibili, cioè mai clinicamente rinviabili: una presa in carico non tempestiva, infatti, potrebbe causare un peggioramento nelle condizioni di salute e autonomia.
Consci di ciò, i familiari, di fronte alla negazione delle cure sanitarie ai propri cari, spesso inseriscono privatamente il malato nella struttura, impoverendosi.
Purtroppo la normativa assicura una presa in carico medica strutturata solo per chi entra in Rsa in convenzione, non per chi vi accede privatamente.
Per incrinare il luogo comune che ascrive gli ospiti di queste strutture al solo comparto sociale (non anche o soprattutto sanitario), è sufficiente descrivere la popolazione reale delle Residenze stesse, individuando 4 gruppi di malati, caratterizzati da particolari esigenze.
Il gruppo più nutrito, circa il 55%, è costituito da persone con demenza in fase avanzata, in genere suscettibili di tutti i fenomeni racchiusi sotto il nome di “sindrome da immobilizzazione”. Ogni aspetto della loro presa in carico attiene alla salute, incluso l’igiene personale.
Il secondo gruppo sono le persone affette da demenza “in fase florida”. Sono pazienti che presentano una grave compromissione cognitiva, ma conservano ancora buone competenze motorie.
Il luogo di cura specifico prende il nome di nucleo Alzheimer e assicura sia il miglior rapporto numerico operatori/pazienti, sia spazi architettonici adeguati, nei quali approcciarsi con pratiche non farmacologiche (cd gentle care), che permettono di abolire quasi del tutto la contenzione, lasciando maggiore autonomia al paziente.
La condizione di limitata o nulla autonomia riguarda i così detti malati polipatologici non autosufficienti. Una categoria eterogenea, che include anche pazienti affetti da psicosi di lunga data, rappresentanti circa il 30% della struttura.
Infine arriviamo ai malati non autosufficienti definiti” sociali”, non più del 5% complessivo, caratterizzati da mancanza di una rete familiare-amicale.
Tale definizione è del tutto impropria, perché questi anziani, oltre all’isolamento, sono molto spesso portatori di patologie che causano mancanza di autosufficienza.
La loro capacità di svolgere le attività elementari della vita quotidiana è fortemente compromessa: camminano con un bastone, necessitano di aiuti per lavarsi e fare la spesa.
Qui, come per altri gruppi, è bene precisare che un piano di aiuti domiciliari ben strutturato, potrebbe permettere loro di continuare a vivere nella propria abitazione, soluzione in ogni caso più economica.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)