Uno studio pubblicato su Healthcare ha misurato il tasso di entrata in struttura residenziale di un campione rappresentativo della popolazione anziana residente in Regione Lazio, nel corso di tre anni di osservazione successivi ad una valutazione della fragilità. Per la prima volta abbiamo una misura del tasso di entrata in queste strutture, pari al 12,5/1000 anni/persona (39 soggetti su 1.224 arruolati, seguiti per 3,5 anni, DS±0,8), che sale fino al 23,3/1000 anni/persona per la classe di età superiore ad 85 anni. Tale valore non era di dominio pubblico fino a questo momento e rappresenta una rilevante informazione di partenza, che include anche le entrate in casa di riposo e non solo in RSA.
Oltre all’età, i fattori maggiormente associati all’entrata in struttura residenziale sono la presenza di comorbidità e la fragilità: i soggetti fragili, dal punto di vista psico-fisico oppure socio-economico, o entrambi, hanno un tasso di entrata in struttura residenziale che corrisponde a quasi il doppio dei pre-fragili e dei robusti insieme (51/1000 vs 29/1000). Tuttavia, essendo i fragili solo il 20% della popolazione, il numero di fragili che accede all’assistenza residenziale è circa un terzo del totale: tutti gli altri (cioè i due terzi) appartengono alle categorie di robusti e pre-fragili. I punteggi non differiscono sostanzialmente neanche tra RSA e case di riposo a dimostrazione che l’utenza dei due servizi è in molti casi sovrapponibile per necessità assistenziale e livello di compromissione dell’autonomia.
In sostanza non è vero, almeno nel Lazio, che in RSA o in casa di riposo vanno i più malati, ma chi, anche in presenza di compromissioni modeste dell’autosufficienza, non è in grado di sopperire a questo attraverso le proprie risorse socio-economiche o i servizi che il sistema pubblico offre. Inoltre emerge con chiarezza un eccesso di offerta dei servizi residenziali per persone con modeste compromissioni dell’autonomia perché questo tipo di mercato è guidato dall’offerta e non dalla domanda: se offro residenzialità il cittadino userà la residenzialità, mentre se offro domiciliarità userà domiciliarità. Oggi nel Lazio l’offerta di assistenza domiciliare rivolta agli anziani è estremamente limitata e dunque si configurano una tipologia di assistenza definita “prestazionale” che risponde ad una necessità puntuale senza maturare un approccio olistico alla persona.
Appare evidente la discrasia tra offerta di residenzialità e domanda di servizi di supporto all’autonomia nella propria casa. Va anche sottolineato che i dati riportati non sono immediatamente generalizzabili al resto del paese, ma prefigurano una metodologia che potrebbe essere applicata ad altre realtà regionali. D’altra parte mostrano che lo sviluppo di una prospettiva assistenziale maggiormente orientata al domicilio dovrebbe includere gli erogatori di servizi residenziali, soprattutto le RSA, coinvolgendoli in un ripensamento dell’offerta di servizi, orientato alla realizzazione del continuum assistenziale come disegnato dalla Commissione per la Riforma dell’Assistenza Sanitaria e Socio-Sanitaria per gli Anziani.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)