La coabitazione nelle politiche di welfare riguarda spesso persone vulnerabili e disagiate che vengono accompagnate a vivere insieme in risposta a bisogni complessi. I progetti housing led ad alto contenuto sociale organizzati attraverso la coabitazione dei beneficiari/utenti/abitanti e i loro target sono in aumento. Tra le categorie vulnerabili, anche gli anziani soli. La dimensione di agency è molto modesta nel senso che raramente i coabitanti possono scegliere con chi convivere o definire forme e regole della coabitazione. Gran parte di queste case fanno parte della rete di servizi e sono organizzate e gestite da attori del privato no profit.
Altre si configurano come soluzioni alloggiative di sgancio dai servizi per costruire e supportare percorsi di autonomia dei soggetti. A differenza delle prime queste trovano più difficoltà di riconoscimento economico continuativo da parte del pubblico. Negli ultimi tempi si è assistito poi alla sperimentazione di case con un mix di beneficiari/utenti non necessariamente tutti svantaggiati.
Oltre alle case in cui si organizzano servizi attraverso la coabitazione sono proliferati programmi che invece gestiscono la coabitazione tra due o più soggetti presso l’abitazione di una delle parti: l’ospite accoglie l’altro e lo incorpora nel proprio spazio domestico per condividere la vita quotidiana e contrastare così la solitudine. È il caso dell'homesharing, dove un anziano accoglie una persona più giovane o anche per prendersene cura, come nel caso dell’affido familiare di anziani.
La recente costituzione di una rete nazionale dedicata alla coabitazione solidale durante la Biennale di prossimità di Brescia 2022 lascia ben sperare sul futuro di questo modello abitativo che necessita comunque di ulteriori aggiustamenti e solleva diversi interrogativi:
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)