Secondo i dati dell’Osservatorio sui Lavoratori Domestici pubblicati dall’Inps, nel 2018 i lavoratori domestici (colf e badanti) regolari ammontavano in Italia a 859.233. Tuttavia, il Rapporto Annuale sul Lavoro Domestico 2019 pubblicato da Domina (Associazione Nazionale Famiglie Datori di Lavoro Domestico) stima che, in Italia, il 58% dei lavoratori domestici (circa 1,2 milioni di lavoratori) sia irregolare. Il numero complessivo degli occupati del settore dovrebbe ammontare quindi a circa 2 milioni e, per retribuirli, si è calcolato che le famiglie italiane spendano circa 7 miliardi l’anno.
Dal 2008 al 2017, il numero di lavoratori domestici (soprattutto assistenti per gli anziani) è aumentato del 26% e, prima dell’emergenza Covid-19, era previsto in ulteriore aumento del 10% nei prossimi cinque anni.
Cosa prevedono i decreti per il settore durante il lockdown
L’importanza sociale ed economica del lavoro domestico è stata riconosciuta nel Dpcm del 22 marzo 2020 che lo ha inserito (codice Ateco 97) tra le “attività essenziali” escluse dal provvedimento di lockdown. Nonostante ciò, a due mesi dall’esplosione dell’emergenza, il settore non ha avuto sostegno da parte del Governo che ha solo differito al 10/06/2020 il termine ultimo di versamento dei contributi per il primo trimestre dell’anno (cfr. art. 37 del DL 18/2020) .
Sebbene il Governo abbia più volte annunciato misure specifiche anche per il lavoro domestico (espressamente escluso dalla Cassa integrazione in deroga dall’art. 22, comma 2 del DL 18/2020), sinora la gestione dei rapporti di lavoro è stata lasciata nelle mani delle singole famiglie e dei lavoratori. Queste ultime si sono fatte carico (in termini di sacrificio economico e di gestione) di un settore socialmente ed economicamente strategico, ma, evidentemente, trascurato. Non a caso, i lavoratori domestici sono stati esclusi dal “Fondo per il reddito di ultima istanza a favore dei lavoratori danneggiati dal virus Covid -19” istituito dall’art. 44 del DL 18/2020. Inoltre, l’esclusione del lavoro domestico dal temporaneo divieto di licenziamento per giustificato motivo (art. 46 del DL 18/2020) per sessanta giorni a far data dal 17 marzo scorso e l’assenza di misure di sostegno alle famiglie hanno provocato in aprile un notevole incremento dei licenziamenti di lavoratori domestici rispetto allo stesso mese del 2019 (per alcuni quantificabile in un 30%).
Come si sono regolati i datori di lavoro ?
Nella maggioranza dei casi, le parti hanno sottoscritto, su consiglio delle Associazioni di Categoria, accordi scritti che, in alcuni casi hanno previsto la “sospensione” della prestazione lavorativa per un periodo di tempo predeterminato ovvero indeterminato in attesa degli sviluppi dell’emergenza Covid-19.
A fronte della sospensione della prestazione lavorativa sono state pattuite la fruizione da parte del lavoratore di un periodo di ferie retribuite o il recupero delle ore non lavorate in un periodo successivo. In alternativa, ci si è accordati per la sospensione del trattamento retributivo e la fruizione di un periodo di aspettativa non retribuita.
Dove non si è potuto sottoscrivere accordi tra le parti, il datore di lavoro ha comunque mantenuto il diritto di collocare in ferie il lavoratore (salvo, poi, determinare il trattamento relativo alle giornate fruite in eccedenza rispetto alle ferie maturate).
Ci sono famiglie però , specie dove si assistono non autosufficienti, che durante il lockdown non hanno voluto o potuto fare a meno della prestazione lavorativa del dipendente e queste non hanno dovuto stipulare ad accordi perché, come si è detto, il lavoro domestico è inserito tra le attività essenziali non soggette a sospensione durante l'emergenza.
C’è stata però una conseguenza non trascurabile: la necessità per il lavoratore domestico di munirsi di apposita dichiarazione del datore di lavoro per spostarsi sul luogo di lavoro ha fatto esplodere il problema del lavoro irregolare.
Alcune Associazioni di Categoria sono, infatti, state spinte a chiedere una apposita sanatoria nel prossimo provvedimento.
Il capitolo delle misure di sicurezza per l’assistenza in casa
In attesa dell’imminente provvedimento del Governo che dovrebbe contenere misure specifiche per il lavoro domestico, resta ancora aperto il capitolo spinoso delle misure di sicurezza necessarie per garantire la salute sia dei lavoratori che delle famiglie dove sono inseriti. Oltre al caso dei focolai verificatisi nelle case di riposo è stato più volte segnalato dagli esperti dell’Istituto superiore di sanità che molti decessi di anziani in famiglia non sono stati né individuati preventivamente (rispetto ai decessi) né, quindi, censiti ma si sono verificati probabilmente per una assenza di adeguata informazione sulle misure di prevenzione del contagio da adottare nelle famiglie.