Nel confinamento ciascuno resta a casa sua e così si interrompono i consueti incontri con familiari più stretti ma lontani, con amici e colleghi. Si sciolgono i gruppi (di volontariato, di terapia, di mutuo sostegno…). Per i più giovani si tratta di rinunciare alla scuola, per gli anziani, soprattutto per quel gruppo definito ‘giovane’, solo apparentemente un adattamento più semplice. Per molti infatti ha significato rinunciare a tutte le forme di socialità fuori casa che sanno dare sapore e colore alle giornate, ai preziosi rapporti con i nipoti, a forme di convivialità a volte rituali ma sempre ricche di affetti e significati.
Come è stato messo in luce da una ricerca esplorativa, per un gruppo di ultrasessantacinquenni i contatti esterni sono stati spesso sostituiti da quelli telefonici, indirizzati per lo più a fornire supporto ad altri, costituendo un parziale antidoto a sentimenti di tristezza e depressione, comunque presenti in modo significativo. Per gli anziani in RSA va ricordato un confinamento ulteriore (oltre a quello di non vivere a casa propria), nel momento in cui si è verificata l’esclusione delle visite di familiari e volontari, senza la possibilità per molti di loro di capirne le ragioni.
Tuttavia, anche se necessaria, questa ‘protezione curante’ ha portato con sé un elemento di destabilizzante novità: il presentarsi in modo inatteso e brutale del tempo svuotato di molti elementei vitali per il funzionamento psichico.Sembra che nella prima metà del 2020 l’attenzione dei media sia stata rivolta al dato più minaccioso: la maggior probabilità degli over 65 di contrarre il virus. Sono seguiti da più parti interventi di carattere medico e clinico, ma come sono state curate le ferite invisibili?
Un’anziana ancora molto attiva racconta:“Mi sono lasciata andare ai ricordi. Ho ricordato in particolare episodi lontanissimi, della mia giovinezza. Sono riaffiorati dal nulla, mai giunti alla mente prima di oggi, fattisi largo in questo tempo improvvisamente a disposizione”. Ciascuno trova come può un modo per darsi sollievo.
La lettura ad esempio, e poi la natura. Molte donne anziane intervistate hanno affermato di aver provato gioia per lo sbocciare di un fiore. Le più fortunate hanno visto l’alternanza delle stagioni nel loro giardino. Nessuno ha potuto – durante lo stretto confinamento– tuffarsi nella natura come consiglierebberoi testi di “ecoterapia”. Eppure spazi ristretti – balconi, terrazzi, giardini – sono diventati palestre in cui esercitarsi a prendersi cura allo stesso tempo del verde fuori e di noi stessi.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)