Si chiama Dosage il primo progetto su funzionamento, disabilità, e invecchiamento delle persone con sindrome di Down ed ha come capofila l’Istituto neurologico Besta. A finanziare la ricerca la Fondazione Jerome Lejeune in collaborazione con Anffas e Associazione italiana persone down (Aipd). Oggi infatti esiste una generazione di persone down che ha vissuto la ghettizzazione dei decenni passati e ora può vivere una buona vecchiaia. «Nella ricerca, nella clinica e nella politica servono interventi e lavori seri e concreti per le persone con sindrome di Down. Interventi che considerino veramente tutti gli elementi che causano disabilità nell’invecchiamento», afferma Matilde Leonardi, coordinatrice di Dosage. Sono 136 le persone tra i 45 e i 67 anni oggetto dello studio dislocate in 15 regioni d’Italia. E’ stato sottoposto un questionario a familiari, se a casa, e a coloro che se ne prendono cura, se nelle strutture: informazioni socio demografiche, qualità della vita, autonomia e coinvolgimento nella vita quotidiana tra i principali temi trattati. Hanno risposto 68 familiari e 68 operatori. Tra i familiari in prevalenza hanno risposto fratelli e sorelle (19 genitori). Venusia Covelli, psicologa, ha guidato la ricerca del Progetto Dosage. Sono 136 storie differenti, con un sostanziale equilibrio tra uomini e donne. L’80% di chi ha conseguito titolo di studio nel campione esaminatolo ha fatto scuole speciali. Il 20% ha frequentato anche corsi di formazione. Il 60% vive a casa. Il 55% ha avuto un cambio di residenza. Sono eterni ragazzi: questa la considerazione delle persone con sindrome di Down anche quando sono diventati anziani. Poco dialogo tra familiari e disabili: solo il 26% ha avuto una comunicazione schietta sulla patologia. Tra gli elementi positivi: stato di salute e qualità della vita sono buone. Ma questi anziani non sono stati esercitati a prendere delle decisioni sulla vita quotidiana, usano pochissimo le nuove tecnologie, la maggior parte non lavora o non ha mai lavorato (il 79%). Chi vive a casa è impegnato in attività sociali, artistiche e ricreative. Ma comunque in tutti i casi i familiari sono impegnati a comprendere quale approccio è il migliore per far vivere loro al meglio l’età anziana.
(Sintesi redatta da: Flavia Balloni)