Viene data una spiegazione doppia rispetto a come funziona l’effetto placebo in relazione al dolore. La prima ragione è connessa al meccanismo di apprendimento classico: dato che abbiamo imparato che un determinato farmaco funziona e ci fa stare meglio, assumere il placebo di quel farmaco conduce al rilascio delle stesse sostanze analgesiche che il cervello avrebbe rilasciato in concomitanza dell’assunzione del farmaco «attivo». In questo modo, la sensazione di dolore cala senza un intervento diretto del farmaco, ma solo grazie a ciò che noi presupponiamo ci gioverà, e questo perché il nostro cervello ricorda un effetto benefico «antico». Questo meccanismo avviene al di sotto del ragionamento cosciente. La seconda spiegazione riguarda le aspettative che il paziente fa a proposito di una determinata cura. Osservare un buon arredamento nello studio di un medico o un’attrezzatura rassicurante, intrattenere un buon rapporto con il curante, aumentano l’efficacia della cura stessa. Sono fattori «contestuali» che tuttavia hanno un grande peso nella riuscita della cura: si presume che fino a poche centinaia di anni fa la maggior parte delle terapie fossero interamente costruite sul «contesto», e che fosse più il «rituale» a guarire, che non il farmaco. La cura non passa solamente da ciò che assumiamo, ma anche dal modo in cui rappresentiamo il farmaco o la relazione di cura. Chi riesce (per storia personale, temperamento o altri fattori soggettivi) a fidarsi, e ad affidarsi, ha più probabilità di essere aiutato.
(Fonte: tratto dall'articolo)