Sempre più diffusa l’idea che le patologie psichiatriche e neurodegenerative dell’uomo, assenti nel resto del mondo animale, possano essere l’effetto collaterale di due milioni di anni di sviluppo del cervello degli ominidi. In “soli” due milioni di anni il cervello ha avuto un vertiginoso incremento volumetrico. «La nostra specie si caratterizza per uno sviluppo molto marcato delle aree parietali, che si trovano nella zona superiore e posteriore del cervello…», spiega Emiliano Bruner, responsabile di ricerca del laboratorio di Paleoneurobiologia del Centro nazionale di ricerca sull’evoluzione umana di Burgos, in Spagna, nella lectio all’Università di Milano Bicocca. È proprio in queste aree, nelle fasi precoci della malattia di Alzheimer, che si osservano alcuni «difetti» metabolici: «Una strana coincidenza - spiega lo studioso - che andrebbe studiata più a fondo. È possibile, infatti, che tutta questa complessità delle aree parietali possa aumentare la vulnerabilità a certi processi degenerativi». L’evoluzione, quindi, non si arresta. Ma ancora non sappiamo a che velocità stia procedendo e che direzione prenderà.
(Sintesi redatta da: Flavia Balloni)