In un recente studio pubblicato sul British Medical Journal i ricercatori, dopo uno studio durato per sette anni con dati relativi a quasi mezzo milione di cinesi nell’ambito di un vasto studio epidemiologico, hanno visto che un frequente consumo di cibi speziati è associato ad una maggiore aspettativa di vita. Alessia Pascale, professoressa di Farmacologia al Dipartimento di Scienze del Farmaco dell’Università di Pavia osserva che: «Gli studi sulle spezie riguardano quasi sempre popolazioni con abitudini diverse dalle nostre e, prima ancora, non garantiscono che gli effetti protettivi osservati siano davvero da ricondurre ai cibi speziati e non, magari, ad altre abitudini di chi fa uso anche di questi cibi. Inoltre, bisogna considerare che quasi tutta la ricerca si è concentrata non sulle spezie tali e quali, bensì sui loro principi attivi. Più di 8 mila articoli scientifici hanno avuto come oggetto la curcumina, il principio attivo della Curcuma longa , di cui anche noi abbiamo studiato le proprietà antiossidanti. Ebbene, in una recente ricerca si è osservato un miglioramento della memoria in anziani che avevano assunto, per un mese, 80 mg di curcumina al giorno, in forma di nanoparticelle per aumentarne l’assorbimento. Considerato che la curcuma (la polvere che si ottiene dalla radice di Curcuma longa) o il curry (di cui la curcuma è uno dei costituenti) contengono rispettivamente dallo 0,58% al 3,14% e dallo 0,05% allo 0,58% di curcumina, è evidente che per potere raggiungere le dosi impiegate nello studio dovremmo mangiare quantità di spezie spropositate, almeno secondo le nostre abitudini. Insomma, le spezie, o meglio i loro principi attivi, hanno davvero grandissime potenzialità, ma quello che, almeno per ora, ci possiamo aspettare utilizzandole in cucina è che migliorino l’appetibilità dei cibi e ci aiutino a ridurre l’apporto di sale nella dieta»
(Fonte: tratto dall'articolo)