Da diversi anni le analisi che indagano esiti e dinamiche connesse alla distribuzione della ricchezza mondiale evidenziano che il divario che separa la quota di popolazione più ricca da quella più povera è in costante aumento e che ai più poveri spetta la parte più esigua della crescita.
Anche nelle realtà occidentali la forbice della diseguaglianza torna ad aprirsi in maniera preoccupante, anche perché i sistemi di welfare, nati per contenerne gli effetti, faticano a ridefinire la loro architettura in un contesto complicato da scarsità di risorse e differenziazione dei bisogni. Pensando al futuro post-Covid, poi, si aprono scenari ancor più difficili, se non drammatici. All’interno di questo quadro, essere giovani rappresenta un fattore penalizzante. Il lavoro manca e, anche quando c’è, è spesso di bassa qualità, poco garantito e per alcune categorie spesso precario, come le indagini dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto Giuseppe Toniolo hanno segnalato fin dalla prima edizione nel 2013.
Nel 2016 i giovani tra i 18 e i 34 anni che vivevano in condizioni di povertà assoluta erano circa il 10% del totale (1 milione e 17mila unità circa), mentre solo due anni prima erano il 3,1% del totale dei poveri. In Italia i giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano e non lavorano (Neet) sono più di 2 milioni, concentrati maggiormente tra le donne e nelle regioni meridionali. Nel corso degli ultimi anni il Rapporto Giovani dell’Istituto Giuseppe Tonilo si è più volte occupato della condizione dei Neet italiani, mettendo in luce gli esiti che tale condizione ha sui processi di transizione alla vita adulta ed evidenziando alcune specifiche criticità, come quelle che mettono in relazione l’età e l’investimento educativo. A tutto questo si è aggiunta l’emergenza Covid, ma per affrontare la necessaria e auspicata ripresa è necessario affrontare seriamente e velocemente alcuni temi chiave. Tra questi, il lavoro, la distribuzione della ricchezza e dei profitti e, per quanto riguarda l’Italia, il fondamentale tema dell’elusione fiscale. Solo in questo modo sarà possibile frenare la spinta individualistica che sta caratterizzato questi anni e che rischia di ampliare rapidamente le diseguaglianze già esistenti
(Sintesi redatta da: Linda Russo)